Quando mi sono trovato davanti alla richiesta di motivare il perché voglia partecipare a #CampDiGrano ammetto di aver tentennato.
Non sono mai stato bravo nelle lettere motivazionalio di presentazione – e tanto meno in quelle d’amore; non perché viva la sindrome da foglio bianco,né perché abbia timore che le mie parole possano essere mal pesate, ma perché credo che una lettera, ai tempi d’oggi, non basti a mostrare chi sono e quali sono le mie motivazioni. E così mi sono chiesto perché voglia esserci a Caselle in Pittari la prossima settimana, me lo sono chiesto d’avanti alla telecamera e ne è uscita l’ennesima figuraccia 2.0
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Poi, a freddo, ho realmente riflettuto sui perché concreti e sulle mie motivazioni e ho capito che in me è sempre covato un recondito senso di località e conseguente voglia di scappare nel paesino dove tutti si conoscono e si contratta sul prezzo delle fave e delle percoche. Invece, alla fine, sono finito a Londra dove pomodori e mele avevano lo stesso sapore.
#CampDiGrano rappresenta anche questo; Un ritorno a tradizioni e pratiche che nella mia generazione (ho ventiquattro anni) hanno perso valore e che sono, invece, il fondamento della nostra cultura, dove per “nostra” mi riferisco specialmente a noi del sud, anzi, di giù.
Ri-valorizzare le nostre terre tramite la rete e le unicità presenti sul nostro territorio è un must per riportare linfa vitale nei paesini che rischiano, altrimenti, di diventare o dormitori delle grandi città, come nel caso del mio, oppure cittadine fantasma arse di vita. In tal senso aspetto con ansia il workshop “Innovazione Sociale e Sviluppo Rurale Brand Territoriale” organizzato dall’ Accademia mediterranea del societing, ma non solo!
E poi, ripeto, quando vedo un hashtag non resisto. Quindi occhio su twitter al mio live twitting
dell’evento!
Saluti raccolti, macinati ed impastati,
il vostro @pignasmile indaffarato a procurarsi un paio di scarpe da trekking.